Ricordo vagamente una lezione universitaria in cui il professore spiegava quanto l’identità di ciascuno di noi sia legata ad un pezzo di carta con il proprio nome.

Lo scrivo in un rigo e mezzo come se la cosa avesse poco peso. In realtà non ho mai smesso di credere a quanto fosse vero quel suo pensiero.
Siamo una carta d’identità, un timbro sul passaporto, l’appartenenza a un Paese, una cittadinanza, un documento all’Ufficio Anagrafe, un foglio che si identifica con la storia di una Nazione intera.
Pensavo di essere una persona fatta di carne, ossa e pensiero. Invece sono talmente legata ad un pezzo di carta, da non essere nessuno in sua assenza.
Le mie riflessioni sono più che mai all’ordine del giorno se pensiamo ai cambiamenti che Trump sta apportando rispetto ai permessi d’ingresso negli Stati Uniti.
Il presidente dal ciuffo biondo fa discutere per la sua scelta di bloccare l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana: Iran, Iraq, Yemen, Siria, Libia, Somalia e Sudan.

Personalmente credo che la questione possa riguardare anche chi, negli ultimi cinque, è stato in uno dei sette Paesi elencati, pur avendo altra cittadinanza. E’ pur vero che per quest’ultima situazione le cose potrebbero essere valutate caso per caso (come pure accadeva con Obama anche rispetto ai cittadini dei sette Paesi). Supponendo che la situazione potrebbe non essere definitiva, si consiglia in ogni caso di informarsi come meglio si può.
Chiedere il visto per gli Stati Uniti
Ad un cittadino italiano che voglia fare un viaggio negli Stati Uniti, toccherà richiedere lo speciale permesso dell’Esta. Vi chiederanno i motivi per cui richiedete il permesso (se per turismo o lavoro), se utilizzate i social, quali sono i dati del vostro ultimo datore di lavoro (perfino il suo indirizzo di casa, sebbene sia facoltativo indicarlo), il luogo e la via dove intendete soggiornare nei giorni in cui sarete negli Stati Uniti e se siete stati in uno dei sette Paesi sopra citati negli ultimi cinque anni. Un dato, quest’ultimo, che lascia intendere il rischio di vedersi negato il permesso pur essendo cittadini di nazionalità europea.

Le novità degli Stati Uniti non sono l’unico caso al mondo di visti e “accessi negati” o meno in base alla cittadinanza o ai Paesi già visitati.
Avere un visto israeliano sul passaporto, per il viaggiatore che abbia nel cassetto il sogno di poter visitare Gerusalemme, può diventare un serio problema per futuri viaggi nel Medioriente. Ad esclusione di Giordania, Egitto e Marocco, al momento quasi tutti i Paesi Nord africani e Medio Orientali rifiutano l’ingresso a chi ha sul Passaporto il timbro israeliano.
Per ovviare al problema, pare, basterebbe avere un doppio passaporto o richiedere alla frontiera israeliana, di apporre il visto su un documento diverso dal passaporto stesso. Non ho esperienza personale in merito, per cui informatevi. presso il sito della Farnesina e presso le Ambasciate di riferimento.

Tutto questo mi lascia sempre l’amaro in bocca. Non intendo giudicare le scelte dei singoli Paesi ma sono sempre convinta che i diritti civili non si possano calpestare come se non contasse il fatto che il bene e il male coesistano ovunque nel mondo. Non credo nemmeno che lo stato di chiusura possa necessariamente giovare al Paese stesso che intende praticarla.
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Visas & permits: when we depend on a piece of paper
I vaguely remember a university lesson in which the professor explained how the identity of people is linked to a piece of paper with their name.
I never stopped believing that his thought was true.
We are an identity card, a stamp on the passport, a nationality, a document at the Register Office, a sheet that is identified with the history of a whole Nation.
I thought I was a person made of flesh and bones. I’m living, I’m thinking.
Instead I depend on a piece of paper; I’m nothing without it.
My reflections are more than ever topical if we think of the changes that Trump is making in respect of the entry permits in the USA.
The President with the blond tuft, is a matter of public debate for his decision to block entry into the United States for all citizens of seven Muslim-majority countries: Iran, Iraq, Yemen, Syria, Libya, Somalia and Sudan.
I believe that it may relate also people who, in the last five years, have been in one of seven countries listed, even if they have another citizenship.
Of course this kind of situation may be considered case by case (as well as happened with Obama even compared to the citizens of seven countries). However this may not be definitive, so it is recommended in any case to inquire.
If you’re Italian and you want to go to the USA for a trip, you will require the special permission of ESTA. They will ask why you require the permission (if it’s for tourism or business), if you use a social on web, what’s your job, who is your most recent employer (and even what’s his home address), the place and the street where you intend to stay when you will be in the United States and if you have been in one of the seven countries mentioned above for the last five years. This suggests that they may deny access to the United States.
But the news of the United States are not the only case in the world concerning “access denied” or not based on the nationality or the countries visited.
If you have an Israeli visa on the passport, this may become a serious problem for future travels in the Middle East. With the exception of Jordan, Egypt and Morocco, almost all countries of Middle Eastern and North African can refuse entry to those who have the Israeli visa on the passport.
To solve the problem, I know it would be enough to have a double passport or ask to the Israeli border, to affix a visa on another document. I have no personal experience with this; ask information using the site of the Foreign Ministry and of the reference Embassies.
All this always leaves me a bad taste. I don’t want to judge the choices of individual countries but I’m convinced that we can’t trample rights of people. Good and bad coexist everywhere in the world. I also think that the closed state of a country, is no a benefit to anyone.
Anche perché, rifacendomi alla tua conclusione, va bene stare attenti, porsi delle domande e valutare chi entra nel proprio stato, ma in certi casi ho l’impressione che la democrazia diventi opinabile. Così come la scelta personale o ciò che ci impone la vita!
Pensa solo ad un povero cristo, che per non restare senza lavoro sia dovuto andare in Iraq. Lo dico perché è capitato a mio cognato: la ditta edile per cui lavorava, lo ha mandato là. Prendere o lasciare!
Pensa solo alla paura, al fatto di dover lavorare in un paese in guerra per mantenere la famiglia, alla paura di non arrivare al domani… E oltre al danno la beffa di non vedersi accettare un visto, in caso ne avesse necessità!
Questo è un esempio. Ma anche la questione del timbro israeliano, che io non conoscevo, mi lascia basita e stranita. Qui è cattiveria pura, non è il fattore sicurezza.
Bacioni Tizzi?
Claudia B.
A quello che hai scritto c’è davvero poco o nulla da aggiungere. Le esigenze di vita che vengono travisate e usate come un pretesto…
Mi fai pensare al recentissimo caso di quella bambina di cui hanno parlato ai tg. C’è voluta una settimana per fare si che potesse entrare negli Stati Uniti: la sua urgente esigenza era di farsi operare.
Che un leader voglia essere un tiranno è già grave, che un leader sia anche stupido è ancora più grave. Che un gruppo di persone non sia in grado di ostacolare la follia di un solo uomo… Scrivo in generale. O forse no.
Ciao Claudia! Bacioni a te. 😉
Viviamo in un bruttissimo periodo storico purtroppo. Sapete (adesso vado off topic) stavo pensando che il mio passaporto è ancora vergine avendo purtroppo finora viaggiato solo in area Schengen.
Così qualche tempo fa girando sul web mi sono imbattuta in gente che si faceva lo stesso timbrare il passaporto o dagli uffici turistici oppure in aeroporto in dogana. A voi risulta? Io ci ho provato in Polonia ma mi hanno risposto che per avere il timbro dovevo proprio “sbarcare” dal terminal internazionale. Ma ci riprovo al prossimo viaggio 😉
A proposito del visto…per andare a Mosca vogliono addirittura una lettera di invito da parte dell’hotel che ti ospita! O_O
Farsi timbrare il passaporto è qualcosa che non ho mai sentito. Ma poi a Mosca che vogliono pure l’invito dell’Hotel è altrettanto bizzarro. Cioè, uno può anche decidere di cambiare all’ultimo per vari motivi. Al solito ci si deve sempre complicare la vita.
In ogni caso Daniela, con la pazienza riusciremo a scrivere belle pagine di passaporto! Abbi fede, pazienza e Karma (Gabbani mi ha contagiata)!